Francesco Guccini, in una delle sue tante canzoni, sospese tra il clima conviviale dell’osteria e la solitudine (Canzone di Notte n°2), parla di “… quel tarlo mai sincero che chiamano pensiero”, dell’enorme difficoltà di trovare le parole giuste per raccontare sé stessi e le proprie esperienze di vita in maniera efficace e veritiera. Le parole rischiano sempre di diventare “… parole, parole, parole”, di diventare un flusso espressivo tanto altisonante quanto vuoto, al pari di una ruota che, seppure perfetta e veloce, è condannata a girare a vuoto. Le parole possono sembrare strumenti potenti per raccontare per filo e per segno ciò che si sente e la memoria di quello che è stato, ma proprio quando arrivano a dare un ordine logico a ciò che si vorrebbe esprimere possono fare perdere di vista l’originalità del sentire soggettivo. Il linguaggio verbale, invece di costituire il tramite per entrare in contatto con sé stessi e comunicare sé stessi agli altri, può creare una vera e propria distanza tra la propria coscienza e il proprio mondo interiore, fino a diventare uno specchio che restituisce un’immagine di sé, scheletrica e distorta. Di fatto, soprattutto nei momenti importanti, è esperienza comune non trovare le parole giuste per dire ciò che si sente veramente e rimanere così sospesi in un disagio espressivo.
L’arteterapia nasce proprio come un tentativo di rispondere a questo disagio espressivo, puntando su linguaggi non verbali, in vario modo più adatti a veicolare i propri vissuti soggettivi nei loro aspetti emozionali più profondi. In riferimento al disegno, spicca il potere espressivo delle immagini, il cui significato sconfina nell’area del senso. Le immagini non si esauriscono nel valore concettuale degli elementi rappresentati, ma tendono a seguire e ad attivare forme di pensiero che procedono per metafore e libere associazioni in accordo ai vissuti soggettivi della persona. Così il disegno di un semplice albero, in ragione delle sue specifiche caratteristiche, come le radici e i rami, potrà evocare una catena pressoché interminabile di contenuti psicologici connessi, ad esempio, alla storia della persona e alle sue proiezioni nel futuro.
Nell’espressione grafica, assieme alla dimensione del “contenuto”, relativo a ciò che viene rappresentato, si pone la dimensione della “forma”, relativa alle qualità dinamiche dei tratti e al gioco degli equilibri che risulta dalla configurazione complessiva. A prescindere dai suoi contenuti, un disegno potrà essere, ad esempio, sfumato o rigido, incerto o sicuro, chiuso in sé stesso o dilatato, discontinuo o armonico, regolare o imprevedibile. La dimensione formale dell’espressione grafica costituisce uno degli aspetti dell’arteterapia più affascinanti, ma anche più nascosti e difficili da penetrare. È del resto la dimensione che nel corso dello sviluppo si presenta per prima, in genere attorno ai 18 mesi di vita, quando il bambino inizia ad interessarsi ai segni che con una matita può lasciare su un foglio e realizza così i suoi primi scarabocchi.
Lo scarabocchio nasce proprio come una “forma” senza “contento”; una forma densa di qualità espressive, che può parlare di quelle che un importante psicologo dello sviluppo di orientamento psicoanalitico, Daniel Stern, ha definito “forze vitali”. Essere vivi significa essere in movimento, nel corpo e nella psiche. Ognuno di noi ha un suo modo di essere in movimento, prima di tutto in accordo al proprio temperamento, al proprio modo di farsi avanti e rispondere alle novità, di ricercare condizioni di quiete o di agitazione, come pure in rapporto all’intensità di ciò che sente dentro. Si tratta di una dimensione della vita psichica originaria e profonda che con molta difficoltà può trovare spazio nel linguaggio verbale, mentre può trovare uno sfogo espressivo diretto e immediato in quello grafico, dai primi scarabocchi ai più elaborati disegni successivi.
articolo a cura della dottoressa
Rossella Bloise
Psicologa psicoterapeuta a Firenze
Il mio approccio alle tematiche della sofferenza psichica e del benessere è in accordo con la prospettiva psicoanalitica, che mi ha formato e continua a formarmi come persona e come professionista.
Dott.ssa Rossella Bloise
Psicologa Psicoterapeuta a Firenze
P.I. 06513240488
Iscritta dal 2011 all’Albo degli Psicologi della Regione Toscana n. 6734
Laurea magistrale in psicologia dello sviluppo e dell’educazione
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