Come sostiene Sullivan, “ogni essere umano possiede tante personalità quante relazioni interpersonali” (Sullivan, 1950 in Bromberg, 1998/2001). La molteplicità del Sé costituisce una condizione psicologica, intrinseca alla dinamica della vita, questo perché lo sviluppo del Sé interagisce con lo sviluppo di una molteplicità di relazioni: nuove relazioni danno vita a nuove dimensioni del Sé e viceversa. Questa molteplicità è il presupposto di una condizione di ricchezza psicologica, che fonda un sentimento di autenticità in riferimento agli scambi interpersonali e all’esperienza soggettiva. La separatezza dei diversi stati del Sé è una condizione sana e adattiva che permette di immergersi in una specifica relazione e in uno specifico stato d’animo; immersione che comporta una sospensione della capacità autoriflessiva, volta a trovare coerenza e unitarietà. A questo proposito Bromberg avanza l’ipotesi che il fenomeno della personalità multipla sia presente in tutti gli esseri umani come condizione basilare del funzionamento mentale (Bromberg, 1998/2001).
La condizione di molteplicità del Sé, da un lato costituisce una fonte di ricchezza, ma dall’altro espone l’essere umano ad una condizione di fragilità che può condurre ad uno stato psicopatologico, come nelle sindromi narcisistiche e borderline. L’interrogativo che si pone riguarda il confine tra sanità e patologia, il diversificarsi dei processi che possono condurre sia alla gioia di vivere, che alla sofferenza e all’alienazione dalla vita. La sfida dell’esistenza è quella di stare in un paradosso, è quella di creare e ricreare una continua dialettica tra il senso di separatezza e il senso di unità dei propri stati del Sé, consentendo così ad ognuno di essi di funzionare in maniera ottimale, senza precludere la comunicazione e la negoziazione tra loro. La soluzione del problema implica l’attivazione di un universo di risorse individuali che in ogni soggetto possono combinarsi in maniera diversificata e originale. Una condizione che tuttavia sembra risultare cruciale è costituita dall’esperienza di interezza relazionale, come quella che si può sperimentare con i genitori o con il terapeuta. La relazione con un “altro” significativo può costituire l’elemento che “tiene” e “contiene” la molteplicità del Sé; essa ci permette di conservare la nostra individualità e di abbandonarla a un “altro” senza timore di perderla, pur nell’esperienza della molteplicità (Bromberg, 1998/2001).
Esemplificativo è il riferimento di Bromberg al racconto per bambini “E’ colpa del gorilla”. La storia tratta di un bambino che ha la fortuna di avere genitori che, a dispetto della loro “verità da adulti”, sono in grado di ricordare quanto sottile sia la linea di confine tra “reale” e “realmente reale”, così da non costringere il figlio a liberarsi del suo amico immaginario costituito da un gorilla. La storia inizia con i genitori che rimproverano il bambino per avere sparso il cibo nella sua stanza e con la richiesta di non attribuire tutta la colpa dell’accaduto all’amico gorilla. La storia termina con il bambino che dice alla madre di avere ripulito tutto, insieme al gorilla, e che chiede alla madre di potere avere dei biscotti per sé e per il gorilla. La madre con uno sguardo di amorevole rassegnazione, dà biscotti per entrambi. Il bambino torna nella sua stanza, guarda il gorilla negli occhi e gli dice che è “realmente” un bravo gorilla. Il lettore, adulto o bambino, chiude il libro nella certezza che sia il bambino sia il gorilla sono al sicuro, sani e amati e che cresceranno godendo a lungo della reciproca compagnia. Ma se il bambino avesse avuto genitori diversi, non brutali ma semplicemente non in grado di modulare ciò che è reale per il loro “essere adulti” con ciò che è reale nell’”essere bambini”, la storia avrebbe avuto un diverso seguito. Con genitori per i quali il gorilla è diventato ormai da troppo tempo un “non-me”, il bambino avrebbe dovuto gradualmente dissociare il gorilla per preservare quel legame di attaccamento con i genitori, che definisce il suo senso nucleare del Sé e quindi per evitare il trauma. Ma il gorilla non sarebbe comunque scomparso. Nessuna parte del Sé scompare, perché si manifesterà comunque in un modo o nell’altro, sebbene venga sperimentata come “non-me” e quindi come esperienza dissociativa. Questa parte dissociata potrà riemergere in modi tanto dolorosi da condurre il bambino, ormai adulto, a richiedere l’aiuto di un terapeuta. Accompagnato dal suo Sé adulto, egli proverà vergogna per entrambi: per il bambino e per il suo gorilla. Il lavoro del terapeuta consisterà a quel punto nel cercare di restaurare il legame tra bambino e gorilla, nonostante i tentavi del paziente ormai cresciuto di mantenerli separati per difendersi dall’esperienza traumatica dei genitori che non hanno funzionato da contenitore della molteplicità del Sé (Bromberg, 2006).
Bromberg P. M. (1998/2001). Standing in the Spaces. Essays on Clinical Process, Trauma, and Dissociation. Hillsdale, N.J. : Analytic Press (tr. It. Clinica del trauma e della dissociazione, Milano: Cortina, 2007).
Bromberg, P. M. (2006). Awakening the dreamer: Clinical journeys. Hillsdale, N. J. : Analytic Press (tr. It. Destare il sognatore, Milano: Cortina, 2009).
articolo a cura della dottoressa
Rossella Bloise
Psicologa psicoterapeuta a Firenze
Il mio approccio alle tematiche della sofferenza psichica e del benessere è in accordo con la prospettiva psicoanalitica, che mi ha formato e continua a formarmi come persona e come professionista.
Dott.ssa Rossella Bloise
Psicologa Psicoterapeuta a Firenze
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Iscritta dal 2011 all’Albo degli Psicologi della Regione Toscana n. 6734
Laurea magistrale in psicologia dello sviluppo e dell’educazione
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